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Parigi: 14 luglio 1789, 14 luglio 2017

14 luglio, festa nazionale in Francia, di cui oggi ricorre il 228° anniversario. Una ricorrenza che per vari aspetti invidio alla comunità francese, soprattutto per lo spirito di popolo unito con cui viene da loro festeggiata. Un giorno che sento vicino, anche perché mio padre trascorse gli anni della sua infanzia e della sua adolescenza, dal 1923 al 1937, a Nerac, cittadina della Lot e Garonne, regione dalle dolci belle colline tra Tolosa e Bordeaux.

Ma al 14 luglio sono soprattutto affezionato per i valori universali che enuncia e che porta dentro di sé, e per le emozioni e i sentimenti che alimenta nell’animo dei francesi, come credo di gran parte dell’umanità. Di quella Francia che poche settimane fa ha saputo vincere il populismo, unendosi e scegliendo civilmente il proprio Presidente, Emmanuel Macron. Il tutto nel nome di un rinnovato pacifico protagonismo in seno all’Europa e sul proscenio mondiale. Quella Francia e quella città, Parigi, che in questi anni sono tra gli obiettivi principali del nuovo terrorismo internazionale alimentato dal fanatismo religioso.

Sono passati ben più di due secoli da quel lontano 14 luglio 1789, che sappiamo essere stato un giorno di un’epoca non tutta luminosa e fausta, come la storia del seguente Regime del Terrore ci ha purtroppo ben insegnato. Ma quel rivoluzionario “…Libertè, Egalitè e Fraternitè…” è un grido che porta in sé ancora oggi una forza dirompente. Il 14 luglio è un giorno che ha diviso in due la storia dell’uomo. Un giorno che emana una sua forte attualità.

Che sia così, in questo inizio di terzo millennio, ce lo dicono le sorti dell’umanità e del nostro pianeta. Siamo immersi in una “ liquida globalità “, per dirla con le geniali parole di Zygmunt Bauman, che ci ha condotti innanzi a impensabili opportunità come pure a nuovi grandi tragici problemi. Negli ultimi cinquant’anni quasi due miliardi di persone sono uscite da un’insostenibile condizione di povertà assoluta, con conseguente acquisizione di un minimo di benessere. Ma tutto ciò è avvenuto in maniera non omogenea sul globo terrestre. Anzi, altri miliardi di persone sono tuttora allo stremo della sopravvivenza. La povertà estrema e altre cause hanno fatto sì che si scatenassero guerre feroci a macchia di leopardo nei vari continenti, che a loro volta provocano emigrazioni bibliche. Le nazioni più evolute cercano di trovare delle pacifiche vie di uscite, pongono risorse e persone a disposizione di uno sviluppo più equo e soddisfacente. Ma lo sforzo sembra ancora insufficiente.

Osserviamo la diffusione di internet, per capire dove la forza della libertà, della libera iniziativa economica, unita al sempre più diffuso diritto all’istruzione, possono aiutare a indirizzare e far giungere questi miliardi di persone sofferenti ad un mondo migliore.

Il tutto, auspicabilmente, porta e porterà all’affermazione sempre più forte dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani, qualsiasi siano le loro condizioni, il loro pensiero e la loro fede. Ne guadagnerà il ruolo, la responsabilità e la consapevolezza di tutte le nazioni, nessuna esclusa. Dovrà crescere l’etica di un mondo più libero, più giusto, perché necessariamente più responsabile. Ciò alimenterà e farà crescere in noi il vero sentimento della fraternità. Secondo Jeremy Rifkin è giunto il tempo di una “ civiltà dell’empatia ” .

Ma di libertà, uguaglianza e fraternità ve n’è bisogno anche nella nostra Italia. Oggi più che mai necessitiamo di uomini e di donne “ veri, autentici e liberi”, per dirla con le sagge parole di Vito

Mancuso. Un‘Italia che è chiamata anche a riconoscere e a salvaguardare ogni giorno diritti e doveri vecchi e nuovi. Facendo auspicabilmente tesoro della lezione di un rigoroso maestro di laicità quale Norberto Bobbio. La laicità che non è certo l’ateismo, ma il totale sano rispetto di ogni essere umano.

Ma di libertà, uguaglianza e fraternità mi appare bello e necessario parlarne da roveretano, ovvero da cittadino di una comunità che ha conosciuto con Girolamo Tartarotti il sogno innovativo del primo illuminismo italiano, e che sta’ facendo tesoro del ricco e “rivoluzionario” patrimonio culturale costituito dall’ampio pensiero di Antonio Rosmini, il quale ci ha lasciato scritto che “ Non ci sono l’uomo e il diritto, ma l’uomo è il diritto “. Ovvero una città, riconosciuta tale più di 500 anni fa, era il novembre 1510, dall’Imperatore Massimiliano I, che ha sì vissuto tempi bui e difficili, ma che da questi ha saputo sempre uscire con capacità, coraggio e determinazione. Una città che oggi sa e vuole accogliere, offrendo nuovo benessere e nuova speranza ai suoi cittadini, vecchi e nuovi, ponendosi così, in maniera positiva e propositiva, innanzi alle nuove sfide di questo nostro tempo. Un tempo che, nonostante tutto, ci appare ancora carico di fascino.

In conclusione, più di due secoli di storia non hanno fatto altro che rendere ancor più vivo il significato del 14 luglio francese, giornata che, se giustamente e responsabilmente interpretata nel nome di un salutare forte appello “alla libertà, all’uguaglianza ed alla fraternità “, non può e non potrà che appartenere ad ognuno di noi, sempre che si sia uomini e donne veramente liberi ed autentici, soprattutto innanzi alla propria coscienza.