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Immigrazione e sanità pubblica: una nuova sfida per i Lions?

Da più parti si dice che gli immigrati sarebbero causa, fra l’altro, dell’intasamento del pronto-soccorso degli ospedali, con varie conseguenze. Altre fonti, invece, dimostrano come moltissimi immigrati irregolari tendano a non farsi curare, con rischi di diffusione di alcune patologie. Innanzitutto, nel momento in cui si prendono in considerazione il problema e le possibili soluzioni, bisogna tenere presente, ovviamente, che qualsiasi scelta, teorica ed operativa, deve nascere all’interno delle coordinate costituzionali.

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti […]”. L’articolo 32 della Costituzione italiana evidenzia almeno due principali elementi strutturali: uno di carattere individuale, in quanto la salute è definita un “diritto dell’individuo” e uno di tipo sociale, perché tutelarla è “interesse della comunità”. La portata sociale di questo articolo viene rafforzata dalla specificazione che riguarda gli “indigenti”. Gli immigrati, in quanto parte degli indigenti della nostra “collettività”, hanno diritto alle “cure gratuite”. Inoltre, l’assistenza sanitaria al cittadino straniero è regolata da alcune norme nazionali (TU dLgs 286/98 e DPR 394/99) che sono coerenti con l’orientamento costituzionale. Però, come succede spesso in Italia, le buone norme da sole non bastano: l’applicazione incontra ostacoli e difficoltà inimmaginabili. Molti immigrati non sono capaci di comunicare e sono diffidenti verso il nostro tipo di medicina: questo è già un problema non da poco. Inoltre, la paura e la diffidenza sono più forti nel caso delle persone in condizione d’irregolarità giuridica, specialmente dopo che la lg 94/2009 ha introdotto il reato d’ingresso e soggiorno irregolare con successivo obbligo di denuncia per pubblici ufficiali. Per quanto riguarda la Sanità, però, l’obbligo di denuncia è in netto contrasto con quanto scritto nel TU in cui si ribadisce il divieto di segnalazione alle autorità sullo straniero non in regola. Questa contraddizione ha prodotto confusione tra gli operatori sanitari, mentre rimane particolarmente condizionante il timore da parte degli immigrati, molti dei quali preferiscono non farsi curare e usufruire di cure informali, esponendo la pubblica salute ai maggiori rischi sanitari causati dal diffondersi di patologie non curate. E’ chiaro, dunque, che, coerentemente con le leggi vigenti, il tema della salute degli immigrati vada affrontato sia all’interno del sistema sanitario sia in una prospettiva più ampia, quella dell’inclusione sociale.

Sarebbe necessario, prima di tutto, mettere in atto un’informazione generale della società civile dello stato ospitante; e, contemporaneamente, impostare un sistema di formazione degli operatori sanitari, addetti alla gestione diretta. Dunque, si apre uno scenario complesso in cui potrebbe essere utile il contributo delle iniziative lionistiche. I Lions, da sempre sensibili alle tematiche sociali più critiche, raccoglieranno questa nuova e stimolante sfida?

*per questo articolo ringrazio Giovanni Burtulo, medico chirurgo, per l’aiuto che mi ha generosamente offerto su un tema che esula dalle mie competenze professionali.

Catherine Dezio